Anche se si sono trovate nei dintorni tracce d’epoca romana, furono probabilmente i Longobardi che, fra il VII e l‘VIII secolo costruirono sulle alture moreniche orientali del Garda un fortilizio con palizzate e fossati, a difesa del primo centro abitato di Calmasino. Il più antico documento, però, in cui appare citato il “vicus” di Calmasino, nel territorio Gardense, è un contratto dell’ottobre 882, ai tempi di Carlo il Grosso, nel quale si registra la permuta di due piccoli appezzamenti di terreno. Più tardi, nel 1047, l’imperatore Enrico III, della Casa di Franconia, riconosceva il possesso di tutto il territorio di Calmasino, ai Canonici del Capitolo della Cattedrale di Verona, i quali vi avrebbero esercitato la loro giurisdizione per mezzo di un “villicus”. Questo possesso rimase praticamente inalterato per oltre due secoli, nei quali i successivi imperatori continuarono a confermare al Capito[o la giurisdizione su Calmasino. Anche Federico Barbarossa, alla sua prima discesa in Italia nel 1154, si affrettò ad assicurare ai Canonici i loro privilegi.Fra il XII ed il XIII secolo, la “Vicinia", ossia l‘assemblea dei capifamiglia del villaggio, i “vicini”, generalmente presieduta dall’Arciprete del Capito[o, alla presenza del “villicus”, si riuniva sotto i portici della chiesa per impartire disposizioni, dirimere controversie, giudicare violenze, delitti, adultéri. Si andava così, già fin da allora, costituendo il “Comune", che, col passare del tempo mal sopportando l’autorità dei Canonici, in talune occasioni manifestò, anche apertamente, segni di ribellione, soprattutto nella seconda metà del XIII secolo, quando il Comune, che praticamente già si autogovernava, giunse a negare i diritti del Capitolo. Ne seguì una causa, che andò per le lunghe fra il 1272 ed il 1273, e che si concluse con un compromesso, secondo il quale i Canonici concessero al “Sindaco” del Comune di Calmasino la giurisdizione sul paese e sul territorio, in locazione per 29 anni rinnovabili, contro il versamento di un fitto annuo di dieci lire veronesi.
Come siano proseguite le cose, non lo sappiamo, poiché non ci sono pervenuti documenti relativi all'epoca della Signora Scaligera, ma è probabile che, esauritasi la giurisdizione dei Canonici, gran parte del territorio sia passato alla “Fattoria Scaligera”. Quando, alla caduta degli Scaligeri, il territorio veronese cadde in mano ai Visconti, venne diviso amministrativamente in vari “Vicariati”: la “villa”, ossia il villaggio, di Calmasino venne assegnato in un primo tempo nel 1403, al Vicariato di Bardolino, ma, dopo poco tempo, nel 1406, passò, con Colà, Pacengo, Piovezzano, Dolcé, Peri ed Ossenigo, a quello di Lazise, in cui rimase per tutto il periodo della dominazione veneziana, fino al 1796.
Fra il XV ed il XVIII secolo, il Comune di Calmasino aveva i suoi “Massari”, che dovevano garantire la sicurezza, catturare i malfattori vigilare sul pagamento delle “Angarie”, vigneti ed i frutteti ed impedire danni ai campi. Nel 1430 Calmasino contava, suddivisi in venticinque famiglie, centodieci abitanti, che si ridurranno ne[ 1447 a novantadue, per le guerre che la Repubblica Veneta dovette sostenere contro i Visconti e che ebbero il Lago di Garda come terreno preferito, con conseguenti carestie, epidemie ed esodo delle popolazioni. Fra il 1256 ed il 1528, quando i Lanzichenecchi di Carlo V, attraversate le Alpi, si riversarono all’uscita della Val d’Adige verso il Lago di Garda, devastando paesi e campagne, Calmasino fu due volte saccheggiato e nel 1528 anche incendiato. Gli “Estimi”, i vecchi documenti dei censimenti veneti di quei tempi, ci danno anche un’idea di quale fosse la consistenza del "bestiame da zovo”: nel 1430 vi erano a Calmasino 20 paia di buoi, nel 1447, 18 e 3 vacche, nel 1548,22 paia di buoi. Nel 1630, quando la famosa terribile epidemia di peste colpì, con molti altri territori, anche quello veronese, gli abitanti si ridussero da 388 a 118, con una mortalità che raggiunse il 70 per cento. Nel 1705, durante la guerra per la successione di Spagna, una battaglia fra le truppe spagnole e francesi da una parte e quelle tedesche dall’altra si svolse il 2 febbraio proprio fra Calmasino e Cavaion: in quell’occasione e nelle fasi che precedettero e seguirono l’azione bellica, gravi danni ne derivarono alla popolazione ed alle campagne.
Ma altre vicende di guerra, con i loro tristi effetti, ebbero a teatro il paese di Calmasino e le sue colline, soprattutto nel 1796, il 1° giugno ed il 29 luglio, durante la prima campagna napoleonica, e più ancora il 29 maggio 1848, quando, durante la l guerra d’indipendenza, una violenta e decisiva battaglia divampò sul Colle dei Cipressi, ove, sotto l’incalzare dei piemontesi, le forze austriache furono costrette a ritirarsi, non potendo quindi giungere a rinforzare la roccaforte di Peschiera, che il giorno dopo dovette capitolare.
Alla fine del XVIII secolo, dopo la caduta della Repubblica di Venezia, rapide variazioni si erano succedute nella suddivisione amministrativa della zona: in primo tempo, dopo il Trattato di Campoformido del 1797, mentre Lazise era rimasto alta Repubblica Cisalpina, Calmasino con Bardolino era stato assegnato alla provincia di Verona e quindi all’Austria; successivamente, dopo il trattato di Luneville del 1801, il confine era passato all’Adige e tutta la gardesana si aera quindi riunita sotto la Repubblica Cisalpina: fu in questa occasione, fra il 1802 ed il 1803, che Calmasino entrò a far parte del Comune di Bardolino, appartenente al X Distretto, avente il capoluogo sempre in Bardolino. In seguito, anche se la suddivisione in distretti e gli stessi confini dei Comuni subiranno notevoli variazioni, Calmasino rimarrà sempre legato a Bardolino, anche quando nel 1814 nascerà il Regno Lombardo-Veneto e quando, nel 1866, il Veneto verrà annesso al Regno d’Italia.
Per quanto riguarda la vita religiosa della comunità di Calmasino, occorre risalire alla calata dei Longobardi per ritrovare, nel loro particolare culto per S. Michele Arcangelo, l’origine dell’intitolazione della nostra chiesa e della festa che ancor oggi si celebra. La più antica citazione della Cappella di S. Michele di Calmasino risale al 1170, ma la chiesa doveva già esistere da tempo. Nel periodo in cui il paese era feudo dei Canonici, la cura della anime era affidata all’Arciprete di Lazise, che continuò, anche nei secoli successivi, a mandare un prete a celebrare la Messa un paio di volte la settimana, talvolta solo la domenica; poi, alla fine del ‘400, si decise che un cappellano risiedesse stabilmente presso la Chiesa di S. Michele. Ma le esigenze di una maggior autonomia e le insistenze della popolazione indussero a concedere, nel 1606, che S. Michele di Calmasino divenisse “Curazia”: al curato venivano concessi annualmente 14 minali di grano, 20 brenti di vino e 16 baccede d’olio. Si ha notizia che già nel 1621 veniva celebrata nell’ultima domenica di settembre la festa religiosa del patrono S. Michele, alla quale si affiancava l’omonima fiera, che, cosa curiosa, era a quei tempi l’unico giorno dell’anno in cui il beccaro di Lazise poteva salire a vendere carne al minuto a Calmasino.
Nel frattempo la vecchia chiesa, orientata in senso inverso dell’attuate e situata probabilmente un po’ più in basso verso sud, era divenuta insufficiente per la popolazione, che aveva raggiunto nel 1770 le 452 anime. Fra il 1766 ed il 1774, si edificò perciò la nuova chiesa, l’attuale parrocchiale, che, terminata qualche decennio dopo, verrà consacrata il 20 ottobre 1883. Pochi anni prima, nel 1828, dopo varie insistenze della popolazione e dei curati che si erano succeduti,la Curazia era stata eretta in Parrocchia di giuspatronato degli Arcipreti della Pieve di Lazise e dei capi famiglia del luogo. [ENRICO MASIERO]
(L'articolo è stato tratto dall'opuscolo - 2010 - che viene annualmente divulgato in occasione della Festa e Sagra di S.Anna)
PER SAPERNE DI PIU':
vedi il libro "CALMASINO - Un antico borgo fra l'Adige e il Garda" di Enrico Masiero,
pubblicato nel 1994 dalla Biblioteca Comunale di Bardolino.